Anomalia offerta e costo del personale: il riassunto dei principi che governano la materia a cura del Tar Sardegna, Cagliari, Sez. I, 12 dicembre 2017, n. 792.
Per quanto riguarda l’anomalia:
“a) nelle gare pubbliche il giudizio sulla anomalia o incongruità dell’offerta costituisce espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile dal giudice amministrativo solo in caso di macroscopica illogicità o di erroneità fattuale e, quindi, non può essere esteso ad una autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci (Cons. Stato, Sez. V, 17/11/2016, n. 4755; Sez. III, 6/2/2017, n. 514);
b) il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta non mira ad individuare specifiche e singole inesattezze nella sua formulazione ma, piuttosto, ad accertare in concreto che la proposta economica risulti nel suo complesso attendibile in vista della corretta esecuzione dell’appalto;
c) al di fuori dei casi in cui il margine positivo risulti pari a zero, non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l’offerta deve essere considerata anomala, poiché anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio significativo, sia per la prosecuzione in sé dell’attività lavorativa, sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti per l’impresa dall’essere aggiudicataria e aver portato a termine un appalto pubblico (Cons. Stato, Sez. V, 13/2/2017, n. 607 e 25/1/2016, n. 242; Sez. III, 22/1/2016, n. 211 e 10/11/2015, n. 5128);
d) conseguentemente, anche l’esame delle giustificazioni prodotte dai concorrenti a dimostrazione della non anomalia della propria offerta rientra nella discrezionalità tecnica dell’amministrazione, per cui soltanto in caso di macroscopiche illegittimità (quali gravi ed evidenti errori di valutazione o valutazioni abnormi o inficiate da errori di fatto) il giudice amministrativo può esercitare il proprio sindacato di legittimità, ferma restando l’impossibilità di sostituire il proprio giudizio a quello dell’amministrazione”.
Per quanto riguarda il costo del lavoro:
“è noto che le tabelle ministeriali, di cui alle disposizioni legislative sopra richiamate, per le diverse voci che incidono sul costo del lavoro, non applicano valori minimi inderogabili per legge o per contratto, ma utilizzano valori medi (si pensi – per quel che rileva nel caso di specie – proprio al calcolo dell’incidenza della malattia, dei permessi sindacali, delle assenze per infortunio, delle ferie, sul totale delle ore lavorate nell’anno e, quindi, indirettamente sul costo del lavoro). Ciò significa che anche il costo del lavoro risultante dalle tabelle – che è un dato composto da una pluralità di voci e non solo dai minimi retributivi contrattuali – è un costo medio. Il compito affidato dalla legge all’amministrazione, nell’ipotesi in cui l’offerta economica indichi valori del costo del lavoro inferiori a quelli delle tabelle ministeriali, è proprio quello di verificare – in contraddittorio con l’impresa offerente – se sussistano elementi che dimostrino la correttezza della proposta economica, sotto il profilo del rispetto delle norme legislative e contrattuali sul costo del lavoro, e la sua congruità e affidabilità sotto il profilo economico-finanziario, nonostante il mancato rispetto dei valori medi fissati dal ministero.
In questo quadro, è stato da tempo rimarcato in giurisprudenza che la legge non ha come obiettivo quello di imporre autoritativamente un determinato livello del costo del lavoro (si veda, per citare una decisione ormai risalente nel tempo, Cons. Stato, sez. VI, 21 novembre 2002, n. 6415, secondo cui «La l. n. 327 del 2000, recante “valutazione dei costi del lavoro e della sicurezza nelle gare di appalto”, pone regole di azione alla p.a., che ne disciplinano l’operato ai fini della corretta predisposizione dei bandi di gara nonché della valutazione delle soglie di anomalia delle offerte dei partecipanti a gare d’appalto; al contrario, essa non si propone di determinare una misura del costo del lavoro rilevante agli effetti degli appalti pubblici in via autoritativa, quale intervento regolatorio sui prezzi a fini amministrativi»).
Diverso il caso in cui viene in gioco l’applicazione di norme inderogabili, per legge o per contratto, concernenti il trattamento retributivo. Come previsto attualmente, in tema di verifica delle offerte anormalmente basse, dall’art. 97, comma 5, del d.lgs. n. 50/2016 (che sul punto riprende il contenuto normativo del previgente art 87, comma 3, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163), «[…] l’offerta è anormalmente bassa in quanto: […] d) il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’art. 23, comma 16». In tal caso, infatti, non sono ammesse giustificazioni (si veda il comma 6 dello stesso art. 97 cit.) e l’offerta economica deve essere esclusa dalla gara.
La disposizione citata va letta congiuntamente con i commi 1 e 4 (oltre che con il primo periodo del comma 5) del medesimo art. 97, che consentono all’impresa, che abbia presentato un’offerta sospettata di essere anormalmente bassa, di presentare giustificazioni in relazione a qualsiasi elemento, compreso quindi anche il costo del lavoro come determinato periodicamente nelle tabelle dal Ministro del lavoro.
Gli effetti che si producono rispetto all’ammissibilità dell’offerta, pertanto, sono diversi nelle due ipotesi:
a) quando l’offerta si discosti dai valori del costo del lavoro fissati nelle tabelle ministeriali, la stazione appaltante deve avviare il procedimento di verifica, chiedendo all’impresa offerente le giustificazioni necessarie, e solo all’esito della valutazione (negativa) di tali giustificazioni può procedere all’esclusione dell’offerta;
b) quando l’offerta violi la disciplina inderogabile sui minimi retributivi, la stazione appaltante (previo contraddittorio) non ammette giustificazioni e procede alla sua esclusione.
Correttamente seguendo la prima direttiva, la stazione appaltante ha valutato (positivamente) le spiegazioni fornite dall’aggiudicataria (cfr. verbale della seduta riservata del 20 marzo 2017, all. 9 della produzione documentale dell’amministrazione resistente), ritenendo che gli scostamenti rispetto ai valori tabellari siano giustificati dalle peculiari modalità di svolgimento del servizio affidato.
La valutazione positiva delle riferite spiegazioni fornite dall’aggiudicataria non può essere considerata affetta da irragionevolezza, né da intrinseca illogicità o errore sui presupposti di fatto, ove si tenga conto che, in effetti, il regolamento contrattuale dell’appalto (che si può leggere nell’allegato alla lettera di invito, denominato “Servizio di manutenzione meccanica”, cfr. all. 5 di parte resistente) prevede che il servizio sia svolto sulla base delle “richieste di intervento” da parte dell’amministrazione appaltante, in cui vengono specificati tipo di manutenzione da compiere e numero di personale necessario. Il servizio, dunque, non si sviluppa in maniera continuativa ma è diretto a garantire la tempestività degli interventi di manutenzione necessari nelle forme e nei modi prescritti dall’amministrazione. Pertanto è ragionevole concludere (così come fatto dalla stazione appaltante) che il personale impiegato potrà, nei periodi in cui non è utilizzato nell’appalto, usufruire, quantomeno, di quegli istituti contrattuali (quali ferie, permessi retribuiti, permessi sindacali e altri eventi) che possono essere programmati dall’azienda nell’arco dell’anno. Esclusa, dal monte ore annue teoriche, l’incidenza di tali evenienze, rimarrebbe da valutare l’eventuale scostamento provocato dal fatto che non si siano prese in considerazione le ore (presumibilmente) non lavorate per eventi non prevedibili (quali, tipicamente, malattia, maternità, infortuni). Tuttavia, tale incidenza è calcolata nelle tabelle ministeriali (cfr. il decreto del Ministero del Lavoro 4 marzo 2015, all. 7 della produzione di parte resistente) in una misura pari a meno del 5% delle ore teoriche contrattuali (infatti: il monte ore è fissato in 2088; le ore di malattia, infortuni, maternità, sono indicate in 103 all’anno).
In tale prospettiva, la decisione dell’amministrazione (di non considerare rilevante, nel caso di specie, lo scostamento tra monte ore teoriche contrattuali e monte ore presumibilmente lavorate nell’arco dell’anno) non è sindacabile in sede di legittimità, sia perché finisce per riguardare un profilo valutativo che sconfina nel merito tecnico; sia per il principio, sopra richiamato, che il procedimento di verifica dell’anomalia non mira ad individuare specifiche e singole inesattezze dell’offerta, ma, piuttosto, ad accertare in concreto che la proposta economica risulti nel suo complesso attendibile”.