Questa sentenza non è riferita ad una gara d’appalto, ma riguarda la presenza sul territorio degli uffici postali, un servizio la cui esistenza ( o assenza ) incide parecchio sulla vita delle persone.
Per questo mi sembra opportuno segnalare la Sentenza del Tar Salerno che ha accolto il ricorso del Sindaco che ha impugnato la decisione di Poste Italiane s.p.a. di disporre la modifica dell’orario di apertura al pubblico dell’unico ufficio postale sito nel territorio comunale, riducendolo a soli due giorni settimanali dalle ore 8,20 alle ore 13,45.
Come detto, Tar Campania, Salerno, Sez. I, 25/01/2021, n.212 accoglie il ricorso:
Deve essere, innanzi tutto, disattesa l’eccezione difetto di giurisdizione sollevata in rito da Poste Italiane sul presupposto che il ricorso si rivolgerebbe avverso un atto organizzativo costituente espressione dell’autonomia privata, di cui la società resistente gode quale soggetto giuridico di diritto privato esercente un’attività imprenditoriale.
Invero, come rilevato da recente giurisprudenza, anche di questo Tribunale, “la fattispecie in esame non è riconducibile ad un mero rapporto di utenza, dal momento che la condotta di Poste Italiane riverbera effetti di carattere generale su un’intera popolazione locale, violando in tesi quegli obblighi di servizio universale che, per il diritto comunitario, gravano innanzi tutto sugli Stati, cui spetta adottare e far rispettare le misure occorrenti affinché le correlate prestazioni siano assicurate nel rispettivo territorio” (in tal senso, questo T.A.R., Sezione I, n. 2355/2016), con conseguente riconducibilità delle controversie sui provvedimenti di chiusura o rimodulazione oraria degli uffici postali all’art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a. (in questo senso, T.A.R. Lazio, Roma, Sezione III, n. 4593/2018 e n. 1117/2014, nonché ex multis Consiglio di Stato, Sezione III, n. 2972/2014).
Ciò posto, il Collegio è dell’avviso che le doglianze proposte siano fondate nei termini che seguono, sulla base del precedente conforme (che si condivide) da ultimo reso – su un provvedimento di Poste Italiane analogo e coevo nonché di identico contenuto rispetto a quello impugnato dal Comune di Petruro Irpino – dal T.A.R. Lazio, Roma, Sezione III ter, con la sentenza n. 4593/2018, alle cui ampie e articolate motivazioni può senz’altro rinviarsi ai sensi dell’art. 74, comma 2, secondo periodo, c.p.a., in ossequio al principio di sinteticità degli atti e di economia dei mezzi giuridici, di cui all’art. 88, comma 2, lettera d), c.p.a..
In detta pronuncia, il T.A.R. – dopo aver dettagliatamente ricostruito il quadro normativo di riferimento, sia a livello europeo che nazionale, tra cui oltre al d.lgs. 22 luglio 1999, n. 261 (di attuazione della dir. 97/67/CE, modificato dal d.lgs. 31 marzo 2011, n. 58, a sua volta attuativo della dir. 2008/6/CE), il d.m. 7 ottobre 2008, recante i “criteri di distribuzione dei punti di accesso” alla rete nonché la delibera AGCom n. 342/14/CONS del 26 giugno 2014, di ulteriore specificazione di detti criteri ed il contratto di programma per il triennio 2009-2011, approvato con l’art. 33, comma 31, della l. n. 183/2011 – nel richiamarsi ai principi espressi dalla più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato in materia di soppressione degli uffici postali (ritenuti “senz’altro estensibili anche alle ipotesi di rimodulazione dell’orario di apertura”), ha, dunque, concluso come “sul piano procedimentale la determinazione … di rimodulazione dell’orario di apertura di un ufficio postale presuppone un’accurata istruttoria, comprensiva anche della fase di necessaria interlocuzione con gli enti locali interessati, e richiede una motivazione idonea a dar conto, oltre che degli esiti di detta interlocuzione, anche delle specificità della situazione locale, risultando a tal fine insufficiente sia un rinvio generico e standardizzato ad atti quali il piano di intervento (o di “riorganizzazione” o di “razionalizzazione ed efficientamento”), pur se “positivamente vagliato dall’Autorità di vigilanza del settore”, sia l’enunciazione delle disposizioni di riferimento”, sicchè, in definitiva, “l’istruttoria e la motivazione devono tenere conto delle “specificità del caso concreto””.
Ebbene, nel caso in esame, emerge dagli atti di causa che Poste Italiane, nel ridefinire in senso drasticamente riduttivo l’orario di apertura dell’ufficio postale per cui è causa, non abbia rispettato i parametri indicati dalla giurisprudenza, risultando che:
– non sia stata condotta un’adeguata istruttoria ed il Sindaco del Comune interessato non sia stato adeguatamente coinvolto nel relativo procedimento decisionale;
– la scelta di rimodulare l’orario di servizio sia stata esclusivamente incentrata, peraltro con formula di stile, sul mero dato economico, vieppiù nemmeno comprovato;
– Poste Italiane non abbia considerato che il Comune di Petruro Irpino è un comune rurale, allocato in area svantaggiata, con poche strade e mezzi di collegamento che impongono tempi di percorrenza estremamente elevati nonché con una popolazione molto anziana, spesso non in possesso di mezzi propri.
Ne discende, pertanto, come in ragione della mancata valutazione di tutti tali aspetti concreti, il contestato provvedimento adottato dalla società resistente sia illegittimo sotto il profilo della carenza di istruttoria e di motivazione, avendo Poste Italiane del tutto omesso di vagliare la specificità della situazione in cui versa la popolazione interessata ed, in particolare, il relativo specifico dato geografico, da intendersi non già quale mera distanza chilometrica bensì in relazione alla sua contestualizzazione con altri fattori, quali la composizione della popolazione, le condizioni di accessibilità e “l’effettiva percorribilità delle strade di accesso all’ufficio postale in termini di reale fruibilità da parte dei cittadini”, occorrendo, pertanto, “un’istruttoria completa e approfondita, per rilevare in modo certo se la modifica del sistema di distribuzione degli uffici non mantenga al fondo inalterate la garanzia per i cittadini di assicurazione del servizio di interesse economico generale” (in tal senso, Consiglio di Stato, Sezione VI, 9 febbraio 2015, n. 635 e 11 marzo 2015, n. 1262).
Il ricorso viene accolto, annullando il provvedimento impugnato.