Il subappalto qualificante negli appalti di servizi: è da ritenersi applicabile?
Risposta affermativa da Tar Abruzzo, Pescara, sez. I, 03 giugno 2019, n. 144.
Secondo il Collegio “Va rammentato che, nel regime del codice degli appalti di cui al d.lgs. n. 163/2006, la giurisprudenza aveva riconosciuto, nella forma del c.d. subappalto c.d. necessario o qualificante, la facoltà dell’operatore economico, entro dati limiti, di supplire ad un’abilitazione mancante tramite ricorso al corrispondente requisito del subappaltatore. Ciò in quanto l’art. 42 del d.lgs. n. 163/2006 al comma 1 lettera sub i) prevedeva esplicitamente la facoltà dei concorrenti di fornire la dimostrazione dei requisiti di capacità tecnica e professionale attraverso il ricorso al subappalto. Pertanto, la giurisprudenza, nei casi di suddivisione dell’appalto in una prestazione principale ed altra scorporata, aveva ammesso limitatamente alla prestazione subordinata, che l’impresa partecipante alla gara potesse far ricorso al c.d. subappalto necessario o qualificante (in generale sull’ammissibilità dell’istituto cfr. Cons. Stato Adunanza Plenaria 9.11.2015 n.9, Cons. Stato, V, 21 luglio 2015, n. 3615 e IV, 9 febbraio 2016, n. 520).
Tale orientamento non può dirsi superato per effetto dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016 poiché il nuovo Codice degli appalti ribadisce la facoltà dell’operatore di comprovare i requisiti di capacità tecnica tramite ricorso al “subappalto necessario”, deponendo in tal senso l’allegato XVII Parte II del d.lgs. n. 50/2016 richiamato, ai fini della comprova dei requisiti, dall’art. 83 comma 2 del d.lgs. n. 50 cit. Ivi infatti tra i mezzi per provare le capacità tecniche degli operatori economiche risulta inclusa l’indicazione della parte che si intende subappaltare alla lettera j. Ciò in coerenza con quanto prescritto dall’art. 105 comma 4 lett. b) d.lgs. n. 50/2016, come modificato dall’art. 69 del correttivo di cui al d.lgs. n. 69/2017, che prescrive il possesso della qualificazione del subappaltatore nella stessa categoria.
Peraltro, la giurisprudenza successiva all’entrata in vigore del codice degli appalti, in linea di continuità con l’indirizzo già affermato dalla Plenaria, ha riconosciuto che nella contrattualistica pubblica l’istituto in esame si è arricchito tramite la figura del cd.subappalto necessario, che ricorre tutte le volte in cui il concorrente, privo di alcuni requisiti, faccia ricorso al subcontratto al fine di imputare al subaffidatario il possesso di tutto quanto non rientri nella sua disponibilità. Ne è conseguita la natura polivalente dell’istituto, di cui, ferma restando la sua collocazione in fase di esecuzione, non può essere trascurata anche un’incidenza in chiave partecipativa (cfr in tal senso T.a.r. Campania Napoli sez. I 2018 n.1336; Ta.r. Lazio Roma 146 del 2019).
Né, in senso contrario può validamente richiamarsi la pronuncia del T.a.r. Milano sez. IV 17.10.2018 n. 2322 (qui proposta) in quanto relativa al caso differente di una qualificazione richiesta tramite subappalto nella fattispecie di un appalto misto ove l’art. 28 comma 1 del codice impone agli operatori concorrenti di possedere i requisiti di qualificazione e le capacità “per ciascuna prestazione”.
In tale contesto, poiché il subappalto della prestazione secondaria non era vietato dal disciplinare, e comunque il possesso del requisito idoneativo era collegato con la pertinente attività, poteva ritenersi sufficiente che l’offerente, onde comprovare la capacità tecnico professionale dell’esecutore, indicasse in sede di gara che la suddetta attività sarebbe stata espletata, sub specie di subappalto qualificatorio, da un soggetto qualificato in quanto iscritto alla Cia per la “pertinente attività”.
E a proposito della corretta interpretazione della disciplina di gara va richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, a fronte di più possibili interpretazioni di una clausola della lex specialis (una avente quale effetto l’esclusione dalla gara e l’altra tale da consentire la permanenza del concorrente), non può legittimamente aderirsi all’opzione che, ove condivisa, comporterebbe l’esclusione dalla gara, dovendo essere favorita l’ammissione del più elevato numero di concorrenti, in nome del principio del favor partecipationis e dell’interesse pubblico al più ampio confronto concorrenziale (Cons. Stato, V, 15 marzo 2016, n. 1024 )”.