Sebbene riferita a fattispecie determinatasi in vigenza del “vecchio” D.lgs 163/2006, la pronuncia del Consiglio di Stato risulta essere estremamente importante.
Essa infatti si esprime sulle cause di esclusione dell’articolo 38 del D.Lgs 163/2006, evidenziando in particolare cosa debba intendersi per “grave errore professionale”, con richiami puntuali assolutamente utili anche ai fini dell’applicazione dell’articolo 80 comma 5 lettera c) del nuovo Codice degli appalti.
La parte che però, a parere del sottoscritto, risulta essere quella maggiormente significativa, risulta essere quella relativa alla portata delle misure di self-cleaning adottate dalle imprese in applicazione della Legge 231/2001 ( in particolare degli articoli 17 e 49 ).
Infatti, in appello, l’impresa riproponeva ( tra le varie contestazioni sull’esclusione dalla gara) il motivo relativo alla omessa valutazione, da parte della stazione appaltante, delle misure di self-cleaning adottate dall’impresa, misure che, secondo l’appellante, rispondevano alla finalità di mantenere l’operatore economico sul mercato e non già all’esigenza di sanare illiceità di condotte pregresse. Esse dunque spiegherebbero effetti anche per conservare la partecipazione alle gare in corso.
Consiglio di Stato, Sez. V, 09/ 01 /2020, n.158 conferma la sentenza di primo grado e respinge l’appello.
Dopo essersi soffermato, come detto, sulla nozione di “grave errore professionale”, il Consiglio di Stato si esprime sulla portata delle misure di self-cleaning.
Intanto il Consiglio di Stato distingue due tipologie di condotte c.d. di self-cleaning, cioè un ravvedimento operoso indotto che consente all’operatore economico di dimostrare la sua persistente e concreta affidabilità nonostante l’esistenza di un motivo di esclusione (superando l’attitudine preclusiva dell’accertata sussistenza di una o più cause di esclusione), la cui matrice eurounitaria oggi sta nell’art. 57 della direttiva 2014/24/UE.
Così: a) un primo caso di self-cleaning è rappresentato dal comportamento dell’operatore economico che, in presenza di un fatto di reato o di una condotta di illecito, dimostri di essersi, per un verso, adoperato per la eliminazione, retrospettiva, del danno cagionato e, per altro verso, di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico ed organizzativo idonei a prevenire, pro futuro, la commissione di ulteriori reati o illeciti. In coerenza, il momento ne ultra quem per l’adozione delle misure di self-cleaning e per la loro allegazione alla stazione appaltante è ancorato al termine di presentazione delle offerte (posto che una facoltà di tardiva implementazione o allegazione si paleserebbe, a tacer d’altro, alterativa della par condicio dei concorrenti).
b) un altro caso è quello delle “misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese” nell’ambito della prevenzione della corruzione che, per l’art. 32 d.-l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito dalla l. 11 agosto 2014, n. 114, il prefetto, su segnalazione dell’ANAC, può, nel caso di “esecuzione di opere pubbliche, servizi e forniture”, disporre nei confronti dell’impresa a carico della quale l’autorità giudiziaria proceda per l’accertamento di uno o più dei reati nominati al comma 1 dello stesso articolo.
Dopo avere operato questa distinzione la sentenza si sofferma sul secondo caso, ossia sulle “misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese”.
In questo secondo caso, il self cleaning prefigura, alternativamente:
a) la rinnovazione degli organi sociali mediante la sostituzione del soggetto coinvolto: sostituzione che, ricorrendone le condizioni, è idonea ad impedire l’automatismo solutorio, ad opera delle misure interdittive, sui contratti in essere; o, quanto meno, a legittimare al commissariamento dell’impresa, con prosecuzione “controllata” dell’esecuzione dei contratti in essere ed accantonamento cautelativo degli utili in attesa delle determinazioni in ordine alla prospettica confisca (cfr. parere Cons. Stato, comm. spec., 18 giugno 2018, n. 1567);
b) il «sostegno e monitoraggio dell’impresa» (art. 32, comma 8).
In questa seconda fattispecie, con evidenza, il self-cleaning può agire solo nella duplice e concorrente direzione: i) della prospettica sterilizzazione delle misure interdittive penali, a prevenire ed evitare l’estromissione dell’impresa dal mercato; ii) dell’impedimento del commissariamento, relativamente ai contratti la cui esecuzione sia stata già iniziata.
Nel primo caso, è chiara l’operatività solo pro futuro delle misure organizzative virtuose. Nel secondo caso, si tratta di una misura specifica, orientata a salvaguardare l’utile esecuzione dei contratti in essere.
Per contro, resta escluso dagli effetti di questa misura che la mera sostituzione degli organi di vertice sia, in pendenza di una procedura evidenziale, d’ostacolo all’operatività di una clausola di estromissione.
Nel caso di specie, le misure di self-cleaning sono quelle disposte dal Prefetto di Roma che, con decreto n. 341292 del 4 ottobre 2017, ha aderito alla proposta del Presidente dell’ANAC di cui alla nota prot. n. 96891 del 1° agosto 2017 e, per l’effetto, ha disposto, ai sensi dell’art. 32, comma 8, d.-l. n. 90 del 2014, la misura del sostegno e monitoraggio nei confronti della società.
Bene, perciò, il primo giudice ha ritenuto la loro valenza soltanto pro futuro, senza cioè impedimenti all’operatività della clausola di estromissione dalla procedura.
Del resto, che questa sia la corretta soluzione discende dal rilievo che, a far dipendere dal fruttuoso esito del monitoraggio disposto dal prefetto l’ammissione alle pendenti procedure evidenziali, discenderebbe che la legittimità delle disposte esclusioni (che vanno valutate, avuto riguardo ai relativi presupposti, con riferimento temporale al momento della loro adozione) finirebbe per dipendere, implausibilmente, da un posterius.
Per il Consiglio di Stato, dunque le misure di self cleaning non hanno valore qualora adottate in fase di gara, ma operano solo per il futuro.