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Anac conferma la posizione del MIT: piattaforma necessaria anche per i microaffidamenti

Il vizietto dell’ANAC di sostituirsi al legislatore

Giusto l’altro giorno, in questo articolo, avevamo illustrato le ragioni per le quali non ci sembrava del tutto convincente il  parere MIT n. 2196/2023, auspicando un pronto intervento dell’Anac per chiarire la questione.

Appello accolto, ed ecco che l’indomani, con comunicato del 10 gennaio 2024, l’Anac conferma la posizione del MIT, affermando che anche per gli “affidamenti diretti di importo inferiore a 5.000 euro è obbligatorio il ricorso alle piattaforme certificate”.

Il comunicato, al pari del parere MIT, non convince.

L’ANAC sostiene infatti che “Il codice dei contratti pubblici non prevede ipotesi di deroga o di esenzione dall’applicazione delle disposizioni sulla digitalizzazione con riferimento a fattispecie particolari di affidamento a determinate soglie di importi“.

Così non è.

Come già chiarito nel precedente articolo, gli artt. 48 e 62 del Codice chiariscono a più riprese che “restano fermi gli obblighi di utilizzo degli strumenti di acquisto e di negoziazione previsti dalle vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa“, disposizioni tra le quali rileva la deroga contenuta nell’art. 1, comma 450 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 giustappunto relativa ai microaffidamenti di valore inferiore ad euro 5.000.

L’ANAC, al fine di sorreggere il proprio assunto, ritiene che “l’utilizzo delle piattaforme di approvvigionamento digitale certificate sia funzionale a garantire, da parte della Banca dati nazionale dei contratti pubblici(BDNCP), una serie di servizi quali la pubblicità legale e la trasparenza degli atti di gara, ai sensi degli articoli 27 e 28 del codice, consentendo la trasmissione in tempo reale delle informazioni necessarie nonché la possibilità di utilizzare appieno il fascicolo virtuale dell’operatore economico per le verifiche previste“.

Nessuno degli assunti convince.

In primo luogo, quanto all’art. 27 ed alla pubblicità legale, è evidente l’inconferenza del richiamo, tenuto conto che non è richiesta dal Codice una siffatta pubblicità per l’affidamento diretto.

In secondo luogo, quanto all’art. 28, le “informazioni ed i dati” richiesti a fini di trasparenza dalla norma sono cosa ben diversa rispetto agli obblighi procedimentali e procedurali sottesi alla forma di affidamento prescelta, e dalla trasparenza dello specifico segmento dell’iter di affidamento, non presidiato dalla norma invocata (es. immodificabilità offerta).

In terzo luogo, quanto alla “trasmissione in tempo reale delle informazioni necessarie”, questa è ben possibile giustappunto tramite la PCP, senza che la cristallizzazione della negoziazione tramite piattaforma in luogo di una semplice PEC abbia alcuna influenza rispetto al fine dichiarato.

Infine, quanto alla “possibilità di utilizzare appieno il fascicolo virtuale dell’operatore economico per le verifiche previste”, essa rimane giustappunto una possibiilità, e giammai un obbligo, tenuto conto che l’art. 52 del Codice prevede che gli operatori economici attestino con dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà il possesso dei requisiti di partecipazione e di qualificazione richiesti, e che le stazioni appaltanti verifichino le dichiarazioni, anche previo sorteggio di un campione individuato con modalità predeterminate ogni anno.

L’ANAC, perché di buon cuore, o forse perché non convinta fino in fondo delle proprie conclusioni, ha però accordato una “tregua” al mondo degli appalti, procrastinando l’obbligo di utilizzo delle piattaforme per gli affidamenti diretti di importo inferiore a 5.000 euro al 30 settembre 2024, assentendo nelle more all’utilizzo della PCP per la richiesta dei CIG relativi a detti affidamenti.

Dall’analisi del comunicato due domande sorgono spontanee: se nella tesi dell’ANAC “Il codice dei contratti pubblici non prevede ipotesi di deroga o di esenzione dall’applicazione delle disposizioni sulla digitalizzazione”, i) come può un mero comunicato istituire un’ipotesi derogatoria, sebbene transitoria? ii) Dove si rinviene il giuridico appiglio per “mantenere valide le indicazioni di cui alla delibera n. 585 del 19 dicembre 2023 con riferimento alle spese giornaliere di importo inferiore a € 1.500″ ed operare quindi una deroga?

Il “vizietto” dell’ANAC di voler assurgere a legislatore, nonostante i sottesi buoni propositi, è preoccupante.

E’ infatti di pochi giorni fa la DELIBERA N. 606 19 dicembre 2023 con la quale, a fronte di una disposizione che avrebbe dovuto acquisire efficacia (i.e. ha acquisito efficacia) il primo gennaio 2024 (i.e. art. 106, c. 3, ultimo periodo sulle modalità di verifica delle garanzie provvisorie), con nonchalance ne ha posticipato gli effetti al 30 giugno 2024.

In che disposizione del Codice è sancita una legittimazione dell’ANAC ad operare siffatte proroghe? O una specifica disposizione non serve, in quanto le delibere ed i comunicati ANAC costituiscono una nuova, autonoma e sovraordinata fonte del diritto?

Scritto da Elvis Cavalleri

Senior partner della società TrasP.A.re, specializzata in contratti pubblici; laureato in giurisprudenza, in scienze e gestione dei servizi (scienze della pubblica amministrazione) ed in scienze del servizio sociale; esperienza decennale in qualità di dipendente di pubbliche amministrazioni nella gestione di gare d'appalto; curatore scientifico del portale giurisprudenzappalti.it